VITTORIO MANGANO (Articolo completo di relative fonti: http://it.wikipedia.org/wiki/Vittorio_Mangano)
Vittorio Mangano (Palermo, 18 agosto 1940 – Palermo, 23 luglio 2000) è stato un criminale italiano legato a Cosa Nostra, conosciuto - attraverso le cronache giornalistiche che hanno seguito le vicende processuali che lo hanno visto coinvolto - con il soprannome di lo stalliere di Arcore.
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>>Biografia<<
Fu indicato al maxiprocesso di Palermo, sia da Tommaso Buscetta che da Totò Contorno, come uomo d'onore appartenente a Cosa Nostra, della famiglia di Pippo Calò, il capo della famiglia di Porta Nuova (della quale aveva fatto parte lo stesso Buscetta).

Condannato per lesioni personali, truffa, ricettazione, assegni a vuoto, porto abusivo di coltello. Fu stalliere (con funzioni di amministratore) nella villa di Arcore di Silvio Berlusconi, nella quale visse, tra il 1973 e il 1975, circa 2 anni. Era stato proposto per quell'incarico da Marcello Dell'Utri. Il 28 novembre 1986 un attentato dinamitardo alla villa milanese creò danni alla cancellata esterna e Berlusconi parlando al telefono con Dell'Utri accusò Mangano[2], che in realtà si trovava in carcere in Sicilia a scontare una condanna.

Il nome di Mangano viene citato per la prima volta dal Procuratore della Repubblica Paolo Borsellino in una intervista rilasciata il 19 maggio 1992 riguardante i rapporti tra mafia, affari e politica, due mesi prima di essere ucciso nell'attentato di via d'Amelio. Borsellino affermò nell'intervista che Mangano era "uno di quei personaggi che ecco erano i ponti, le teste di ponte dell'organizzazione mafiosa nel Nord Italia".

Il 19 luglio 2000 Mangano fu condannato all'ergastolo per il duplice omicidio di Giuseppe Pecoraro e Giovambattista Romano, quest'ultimo vittima della "lupara bianca" nel gennaio del 1995. Di questo secondo omicidio Mangano sarebbe stato l'esecutore materiale. Verrà inoltre sospettato di aver rapito il principe Luigi D'Angerio dopo una cena alla villa di Silvio Berlusconi, il 7 dicembre 1974.

Il pentito Salvatore Cancemi divulgò la notizia che la compagnia Fininvest di Berlusconi, attraverso Marcello Dell'Utri e Mangano, pagò a Cosa Nostra 200 milioni di lire (100.000 euro) annualmente e in base agli accordi presi con Cancemi.

Mangano, malato di tumore, morì pochi giorni dopo la sentenza, il 23 luglio 2000, in carcere, dove risiedeva già da cinque anni per reati per cui era stato precedentemente condannato (traffico di stupefacenti, estorsione).

L'8 aprile 2008 Marcello Dell'Utri durante un’intervista ha suscitato molte polemiche definendo Mangano un uomo che fu "a suo modo un eroe" perché, a suo dire, pur malato terminale di tumore si rifiutò di inventare dichiarazioni contro Berlusconi o lo stesso Dell'Utri nonostante i benefici che ciò avrebbe potuto portargli. Il giorno dopo (9 aprile) lo stesso Berlusconi durante la trasmissione "Omnibus" su La7 sostiene questa tesi commentando: "Marcello Dell'Utri ha ragione: Mangano è stato un eroe, perché eroicamente non inventò mai nulla su di me e per uscire di galera gli sarebbe bastato accusarmi di qualunque cosa", posizione ribadita poi intervenendo a 28 MINUTI, trasmissione di RadioDue dello stesso giorno.